lunedì 24 ottobre 2016

Il volo del pigrone - Verso Nottingham


Pronto a tutto
Alcuni dizionari della lingua italiana alla voce "pigro" riportano la mia fotografia.
Ritratto nella tipica posizione orizzontale a penzoloni su un'amaca, per anni questa definizione fotografica è stata accettata dalla comunità di glottologi italiani. L'accademia della Crusca plaudeva anch'essa a tale scelta, giudicando tale immagine adatta ad indicare chiaramente il concetto letterale in oggetto.
Dacchè mi ricordi, ho sempre trovato grande piacere nel dormire. Tutti noi concordiamo nel valutare che il riposo dovrebbe rappresentare la naturale estensione del bisogno umano di recuperare l'energia necessaria ad affrontare le sfide che ci attenderanno domani. Tuttavia, nel mio caso, questa attività veniva poveramente giustificata dagli eventi. Come Paperino prima di me, ho subìto il fascino subdolo dell'ozio.
L'ozio è un tarlo che si nutre della nostra vita, un animale che ruba il nostro tempo, consumandolo, e che ingurgita insieme ad esso le infinite possibilità che la vita ci dona ogni giorno.
Questa breve riflessione mi è utile a motivare il fatto che per quasi un quarto di secolo ho tenuto i piedi ben piantati a terra, senza mai salire su un aereo.
D'accordo, volare non mi fa impazzire di gioia nemmeno adesso. Alla mia venerabile età, sono ancora convinto che il metallo, in quanto più pesante dell'aria, tenda ad essere attratto inesorabilmente verso il suolo, e che l'unica spiegazione al fatto che macchine gigantesche riescano volare, sia la magia.
Tuttavia, dopo diversi consulti con esperti della materia, tra cui  Gandalf, Silente ed il grande mago Silvan, posso affermare che anche se volare non mi piace, il solo pensiero di non poter vedere tutto ciò che di bello o di diverso ha da mostrare il mondo rappresenta una spinta sufficiente a superare questo ostacolo.
Il primo aeromobile su cui mi imbarcai decollò con grande frastuono dalla terra Longobarda in una fresca mattina di primavera, e riportava sulla coda la celtica bandiera con trifoglio ed arpa. Con indomito coraggio, fendette senza indugio le nuvole verso la Bretannia, in direzione della terra che diede i natali a Robin Hood: il Nottinghamshire. Dopo aver lasciato salire tutti gli altri passeggeri, cedendo cavallerescamente il passo ad ogni donna, uomo, bambino ed animale che incontrai, fui infine inghiottito dalle metalliche fauci, e mi ritrovai nella pancia del mostro. Ricordo allora che una gentile dama, accompagnata da un coraggiosissimo bambino in tenuta da cavaliere con tanto di vessillo comunale sullo scudo, notando il mio invidiabile senso di pace interiore shaolin zen, mi offrii una caramella per il decollo, confidando con questo che evitassi di aggrapparmi a lei ad ogni scossone al fine di rassicurarla, ovviamente, atto che quindi rispettosamente mi astenni dal fare.
Del viaggio ricordo principalmente che cercai di dormire, pensando a quanto gradevole sarebbe stato giocare con il mio gatto, che purtroppo non potei portare. L'impresa non fu delle più semplici in quanto, per qualche stregonesco motivo, ogni cinque clessidre gradevolissimi squilli di tromba elencavano con voce imponente accurate promozioni e prodotti convenientissimi da acquistare in volo sopra l'Europa. Molto interessante fu, da un punto di vista antropologico, osservare il dirimpettaio normanno, il quale procedeva con britannica perseveranza, e senza lesinar pecunia, nell'acquisto della tipica acquavite distillata in piccole bottiglie vitree che si trovava  in quell'aeromobile irlandese. Con una rapida occhiata e con l'ausilio del mio abaco da viaggio, calcolai che il tasso alcoolico del villico dovesse aver raggiunto un valore ben più alto di quello riportato dall'altimetro in quel momento. Con una silente ammirazione, notai poco dopo che almeno lui riuscì ad addormentarsi, mentre io continuavo a nutrirmi delle caramelle che la gentile signora, con il coraggiosissimo bambino italico al fianco, mi donava incessantemente.

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 Continua..





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